venerdì 27 aprile 2012

L'America

Oggi ho provato a fare un po’ di introspezione. Tipo autopsia per intenderci, ma psicologica. Senza sangue.
Qualcuno un po’ di tempo fa’ mi ha chiesto perché ero cosi’ arrabbiato, cosi’ ho cercato di riordinare le idee e di dare una risposta.
Non la devo cercare la risposta, la devo solo formulare.
Lo so perché sono arrabbiato.
Lo so esattamente.
E lo sono molto. Tanto. Troppo arrabbiato.
Mi bolle il sangue nelle vene. A volte. Spesso “a volte”.

Mio padre quando eravamo piccoli ci raccontava dell’America. Questo posto incredibile, bellissimo. Dove quando andavi al mare, ci trovavi ogni anno le stesse persone nello stesso periodo. Noiosissimo.
In America, un operaio che lavorava da solo, manteneva la sua famiglia di quattro persone e con qualche sacrificio, faceva pure studiare i figli. Non scialavano, ma non gli mancava niente. I figli si passavano i vestiti ma quando c’era da giocare a pallone, anche loro avevano le scarpe coi tacchetti ed i parastinchi. Come tutti. In America.
In America si lamentavano tutti, ma ci si sposava, si avevano bambini, si mettevano due soldi da parte per il nonsisamai e la domenica tutte le famiglie (tutte, anche quelle dei commessi) stavano insieme perché i negozi erano chiusi. Gente incredibile all’epoca, che riusciva a sopravvivere a 24 ore senza shopping.
C’erano molte meno bmw, poche mercedes, niente suv ma tante uno, 127, ritmo, alfa e qualcuno aveva addirittura la bellissima lancia thema. In America.
Mio padre era una mente illuminata. Non come quella congrega di “illuminati” che annoverano tremonti tra le loro fila, quelli sono “allampati”, “abbagliati”, “allucinati” ma non illuminati. Mio padre era illuminato perché capiva che questa era l’America. Un paese dove il 1 agosto c’era l’esodo. Perché tutti si potevano permettere le vacanze. Dove anche gli ultimi piano piano si compravano la casa e vivevano dignitosamente.
Lui diceva: “questa è l’America”.

Gia’ mi cambia l’umore.

Poi i nostri grandi imprenditori hanno cominciato a delocalizzare. La delocalizzazione finanziata dalle banche coi soldi nostri, quelli per il nonsisamai. Che sia chiaro per tutti: i capitali per spostare le fabbriche erano soldi nostri: la corda che ci ha impiccato l’abbiamo fornita noi..
Poi l’euro, i prezzi che raddoppiano ma gli stipendi no. Sergio Bille’ al telegiornale che dice che l’inflazione è nella norma. Quello che poi gli hanno trovato un Canaletto in cantina. Si, se nel tuo paniere ci ficchi un Canaletto ed io la mortadella, ovviamente abbiamo punti di vista differenti sull’aumento dei prezzi.
Poi le le banche che vendono azioni parmalat, banca21, cirio, bond argentini.
Poi si fanno debiti per il telefonino, per il plasma, per le vacanze..
Poi la sindrome da terza settimana..
Poi da seconda..
Una strage.
Famiglie fatte a pezzi.  A migliaia. Brava gente. Nel tritacarne. Tutti. Senza pieta’. Ed ancora non hanno finito. Non sono ancora sazi.

Quando qualcuno se la prende con i deboli mi da fastidio. E’ piu’ forte di me. Non resisto. Da sempre. Mi bolle il sangue. Anche se è gente che non conosco. Se poi li conosco, la reazione chimica è solo piu’ rapida. Mi fa’ da catalizzatore. Mi sale l’odio. Fortissimo. Come un’onda.
Ora sono arrabbiato. Tanto.
Ho pensieri molto cattivi. E penso al sangue, tanto sangue. Anche al mio, non importa.
Basta parlare. Non serve. Loro non fanno prigionieri. Io niente donne e bambini. Per il resto si chiama guerra.

Poi mia figlia mi fa il trenino ed io mi calmo. Non ci penso. Faccio il cavalluccio, il resto non esiste.

Me ne sono andato anni fa e vengo sempre meno. E’ un bene. Dove sono non ho motivo di lamentarmi e se non mi piace, me ne vado. Punto.

Mio padre non lo ha visto tutto questo, lui è morto in America.

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